Storia del Panettone: qualche curiosità

Allo scoccare del dodicesimo mese dell’anno ecco che si fa strada un’immagine: quella di un cartone lucido colorato e dalle mille combinazioni o, per i palati più esigenti, confenzione artigianale.Tuttavia il contenuto non cambia: il panettone, il dolce tipico di Natale. Classico, come vuole la tradizione, senza canditi per gli amanti dei gusti semplici, ripieno di crema al limone (o limoncello, per gli audaci) o al cioccolato, per i più golosi, sino alle versioni più particolari, tipo al pistacchio come “va di moda” negli ultimi tempi.

Le origini di questa delizia si perdono nel tempo, tra tradizioni secolari e leggende culinarie. Si narra che il Panettone sia nato alla corte di Ludovico il Moro, nella Milano del XV secolo. Era la Vigilia di Natale quando il cuoco ufficiale della famiglia Sforza bruciò inavvertitamente il dolce da servire al banchetto ducale. Per rimediare al peggio, Toni, lo sguattero che lavorava nelle cucine di corte, decise di utilizzare un panetto di lievito che aveva tenuto da parte per Natale. Lo lavorò aggiungendo farina, uova, uvetta, canditi e zucchero, ottenendo un impasto particolarmente soffice e lievitato.
Il dolce fu talmente apprezzato che la famiglia Sforza decise di chiamarlo “pan di Toni”. Fu così che nacque il Panettone. L’intraprendente sguattero si disputa la creazione del famoso dolce con altri creativi della pasticceria, tra cui spiccano Ughetto degli Atellani e Suor Ughetta. Il luogo della contesa non è la vicenda storica, ma l’immaginario collettivo. Tutte queste leggende furono create alla fine dell’Ottocento per nobilitare il Panettone, il vanto della pasticceria milanese. Ughetto e Ughetta tra l’altro sono vocaboli legati al termine milanese “ughett” che significa uvetta.

La vera origine e storia del Panettone va ricercata nella tradizione medievale di celebrare il Natale con un pane più ricco di quello quotidiano. Storicamente fino al 1395 tutti i forni milanesi avevano il permesso di cuocere pane di frumento solo a Natale per omaggiare i loro clienti abituali. Per gli storici le prime testimonianze documentali sull’esistenza di questo dolce risalgono al 1606 quando il termine Panettone compare nel dizionario milanese-italiano.

Il dolce viene descritto come un “Pan grosso che si suole fare il giorno di Natale addobbato con burro, uova, zucchero, uva passerina (ughett) e infornato senza alcun tipo di stampo”. La prima fonte a citare il lievito è il ricettario del cuoco milanese Giovanni Felice Luraschi del 1853.La forma attuale del Panettone, invece, venne ideata solo negli Anni Venti, quando Angelo Motta, prendendo ispirazione dal kulic, un dolce ortodosso tipico pasquale, decise di aggiungere anche il burro e di avvolgere il dolce nella carta paglia, rendendolo come lo conosciamo oggi. La tradizione del dolce milanese ha conquistato tutta l’Italia oramai da tempo, ma una particolare usanza persiste nella città di Milano. A Natale viene messa una fetta da parte per consumarla il 3 febbraio, giorno di San Biagio, protettore della gola: un gesto propiziatorio per salvaguardarsi dai malanni della stagione invernale.Nella tradizione, il Panettone veniva consumato con le mani, ma il bon ton dice il contrario. Vi sono, infatti, delle clausole che imporrebbero l’uso delle posate per gustare il tipico dolce milanese. Una delle varianti più in voga nell’ottocento è il panettone alla crema ed è proprio in questo caso che è proibito cedere alla foga.
In questi casi, la fetta di panettone va servita stesa, la crema deve essere distesa di lato e il piatto deve essere accompagnato da forchetta e cucchiaio da dolce. Con la prima si deve prelevare il soffice pane, mentre il secondo serve a raccogliere la chantilly.

 

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