Tra le regioni italiane esistono piccole perle di bontà infinita che offrono una tradizione enogastronomica antica ma sempre deliziosa. L’Umbria è una di queste e permette di godere di piatti e vini che rappresentano perfettamente il territorio nel quale ci si trova. Oggi riscopriamo i piatti più famosi di questa regione, per percorrere un itinerario gastronomico dell’Umbria completo. Perché il modo migliore per conoscere una regione non è solamente attraverso la storia delle sue città, ma anche attraverso i suoi piatti e prodotti tipici.
Molte ricette tradizionali umbre vengono da lontano, dalla cucina povera delle famiglie contadine: in tavola si mettevano piatti preparati con i prodotti di stagione delle campagne umbre, la cacciagione e la carne degli animali da cortile allevati da ogni nucleo familiare. Molte di queste pietanze vengono ancora preparate, non di rado con qualche adattamento, e l’aggiunta di alcuni ingredienti affini al gusto contemporaneo. I piatti tipici umbri da provare sono numerosi, si va dagli Strangozzi alla Spoletina, alla Torta al Testo, al Friccò all’eugubina alla Ciaramicola.
- Tartufo. In cima alla lista dei prodotti più famosi dell’Umbria vi è il tartufo nero, ingrediente bramato dai migliori chef di tutto il mondo che qui possono trovarne della migliore qualità. Il tartufo è anche uno degli ingredienti principali delle preparazioni culinarie tipiche della zona, che viene utilizzato sia per primi che per secondi, aggiungendo un tocco in più a ogni portata. I più famosi sono quelli di Norcia e Spoleto che hanno reso famose le altre produzioni della regione ma anche tutta l’enogastronomia locale. Il tartufo viene anche utilizzato per insaporire antipasti, bruschette e stuzzicherie varie.
- Strangozzi alla Spoletina. Quel che non strozza ingrassa: è proprio il caso di dirlo se vogliamo occuparci degli strangozzi, le spesse fettuccine fatte in casa tipiche di Spoleto e della zona di Foligno. Gli strangozzi, designano altri tipi di pasta tipici: le ciriole di Terni e gli umbricelli di Perugia. Si possono considerare varianti della stessa ricetta in cui, più che il formato, è il condimento a fare la differenza. Vi diamo qualche dritta: strangozzi con tartufo nero di Norcia, umbricelli alla norcina con salsiccia, ricotta, pecorino e tartufo, ciriole all’aglio, olio e peperoncino.
- Torta al Testo. Il testo è il piano di cottura antichissimo usato fin dai tempi di Roma Antica, un disco in laterizio spesso circa 3 cm su cui venivano cotte le focacce. Insomma cambiano gli strumenti (oggi il testo è in ghisa), ma le preferenze alimentari rimangono le stesse: la torta al testo è la focaccia umbra per eccellenza, diffusa su tutto il territorio con altri nomi e ingredienti (la variante di Civita di Castello prevede l’aggiunta di uova). L’impasto è minimal, acqua, farina, bicarbonato e sale. La parte del leone la fanno i condimenti: senza sfociare nel gourmet estroso a tutti i costi, provatela imbottita con prosciutto di Norcia IGP e pecorino umbro.
- Ciaramicola. Andiamo a Perugia per occuparci di un dolce con il buco, quello tipico pasquale: la ciaramicola. Un ciambellone di colore rosso, guarnito da glassa bianca e confettini colorati, guarda caso i colori dello stemma perugino. Non solo: la sua forma originale, una croce con cinque rami, avrebbe dovuto in teoria rappresentare la città e i suoi cinque rioni principali (Porta Sole, Porta San’Angelo, Porta Susanna, Porta Eburnea e Porta San Pietro). Noi, che a questo punto delle questioni di forma ne abbiamo ben donde, ci accontentiamo della ricetta: l’impasto è costituito da farina, zucchero, uova, scorza di limone, latte, burro e alchermes, il segreto del rosso brillante!
- Palomba alla ghiotta. Ci spostiamo a Todi per il piatto tipico di questa zona, specialmente Cecanibbi dove non solo c’è una sagra dedicata ma addirittura un Club nazionale per la caccia al pennuto: evidentemente devono volergli davvero male. Torniamo a noi. Una volta catturato, il piccione viene spennato, sfiammato e lavato; dal corpo vengono separate testa, collo, ali e zampe che, macinate e condite con capperi, olive, fegatini, pane e prosciutto, andranno a costituire la ghiotta. Questo miscuglio tritato viene strategicamente messo nella leccarda, sotto lo spiedo in cui è infilzato il corpo della palomba ben spennellato di olio e rosmarino, in modo da raccoglierne il grasso. Alla fine il piccione viene in qualche modo ricomposto attraverso il magico incontro tra petto, cosce e il loro intingolo.
- Impastoiata. Questo piatto unico a base di polenta e fagioli borlotti richiama il gesto scandito e continuo del mestolo che si fa strada nel pentolone dove ribollono acqua e farine.Diciamo farine al plurale perché l’eredità umbra del farro è così forte che non è riuscita a soccombere del tutto a quella di granoturco.
- Parmigiana di gobbi. La parmigiana di gobbi, il piatto tipico perugino delle festività natalizie a base di cardi fritti e gratinati con salsa di pomodoro, macinato misto e tanto formaggio grattugiato.
- Rocciata. Non chiamatelo strudel di mele, anche se ammettiamo che la tentazione è molto forte. La rocciata umbra è il dolce tipico di Assisi il cui nome non ha niente a che vedere con le pietre, né a una presunta “durezza” della consistenza: roccia in dialetto umbro significa “tonda” e si riferisce alla sua forma tipicamente arrotolata. Torniamo al paragone con lo strudel: mentre la versione austriaca e altoatesina prevede un impasto morbido e burroso, la rocciata è avvolta da una sfoglia sottile e croccante a base di farina, acqua e olio d’oliva.
- Friccò all’eugubina. Il problema sta alla radice, ovvero l’etimologia: viene dal latino frigo, ovvero friggere e abbrustolire, o è un’abbreviazione di fricandò, portata cotta in umido con le patate e a sua volta derivazione del fricandeau francese, che però sta a indicare la carne rosolata?Insomma, un ginepraio da cui scaturiscono contorni a base di verdure, frittate, frittelle, pasticci e chi più ne ha più ne metta. Forse il friccò (due c e un accento finale, mi raccomando) all’eugubina riesce a mettere d’accordo tutti. Si tratta di una sorta di spezzatino di carne bianca (pollo, agnello, coniglio) servito in coccio in cui ritroviamo sia la carne rosolata, sia la cottura in umido, sia le verdure di contorno.
- Torcolo di San Costanzo. Uno dei dolci più tipici di Perugia: dalla tradizione povera, in quanto derivato dall’impasto per il pane, veniva preparato in occasione della festa patronale il 29 gennaio, ma oggi lo trovate tutto l’anno nelle pasticcerie. Il torcolo è una ciambella dall’impasto lievitato a base di acqua e farina a cui successivamente vengono aggiunti strutto (o burro), zucchero, cedro candito, uvetta, pinoli e anice. Una spennellata con l’uovo e la ciambella è pronta per essere infornata.